Come i bambini dai 3 ai 6 anni capiscono le intenzioni motorie

 

 

DIANE RICHMOND & GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 21 settembre 2024.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Giacomo Rizzolatti e colleghi scoprirono nella scimmia una popolazione di neuroni nella parte ventrale dell’area F5 della corteccia cerebrale, che funziona allo stesso modo anche nel nostro cervello: queste cellule nervose si attivavano sia quando la scimmia compiva un’azione sia quando la stessa azione era compiuta da un’altra scimmia o dallo stesso Rizzolatti. Si comportavano come uno specchio dell’atto compiuto da altri, allora gli si diede il nome di neuroni specchio. Si è poi compreso che questi neuroni non rispondono in forma isolata, ma fanno parte di un sistema neuronico che agisce nel suo insieme. Un sistema che ha una sua coerenza funzionale[1].

Dopo i neuroni specchio individuati attraverso l’esperienza visuo-motoria, sono stati identificati neuroni specchio uditivo-motori, inizialmente riconosciuti nelle cellule HVCX di un passeraceo (swamp sparrow) e del fringuello bengalese, e poi in altre specie[2].

Dalla scoperta dei neuroni specchio, la ricerca su come e perché tale sistema sia deficitario nei disturbi dello spettro dell’autismo (ASD, da autism spectrum disorder) sta cercando di definire il modo in cui si giunge alla funzione tipica di questo insieme di cellule nervose corticali nel cervello adulto. Si cerca di comprendere quali proprietà sono già presenti alla nascita e quali richiedono uno sviluppo progressivo per tappe. Sulla funzione automatica dei neuroni specchio si basa la capacità inferenziale di comprendere le intenzioni motorie degli altri, di desumere il fine di una sequenza di atti e regolarsi di conseguenza. Non si conosce molto su questa abilità nella prima infanzia, né sul processo principale a cui è connessa, ossia l’organizzazione del piano motorio di una sequenza di atti a partire da uno scopo intenzionale.

Giacomo Rizzolatti con Cinzia Di Dio e altri colleghi hanno verificato se bambini di età compresa tra i 3 e i 6 anni siano in grado di organizzare intenzionalmente i propri atti motori e abbiano la capacità di comprendere le intenzioni degli altri mediante l’osservazione.

I risultati emersi sono di notevole interesse, sia per lo specifico campo di studi che per la neurofisiologia in generale.

 (Di Dio C. et al., Actions chains and intention understanding in 3- to 6-year-old children. Proceedings of the National Academy of Sciences USA 121 (31): e2317653121, 2024).

La provenienza degli autori è la seguente: Research Center on Theory of Mind and Social Competence in the Lifespan (CeRiToM), Department of Psychology, Catholic University of Sacro Cuore, Milano (Italia); Department of Neuroscience University of Parma, Parma (Italia).

Rizzolatti e colleghi hanno indagato la capacità di bambini, in età prescolare e all’inizio della scolarizzazione, di organizzare intenzionalmente atti motori finalizzati a uno scopo definito, e di comprendere le intenzioni di scopo motorio di altre persone dal loro comportamento. L’osservazione dei ricercatori italiani ha subito evidenziato l’abilità dei bambini, nonostante la loro tenera età, di organizzare in modo intenzionale ed efficace le proprie azioni; e ha anche rilevato che questi bambini sono in grado di dedurre correttamente le intenzioni altrui osservandone il comportamento, anche se impiegano un tempo più lungo rispetto a bambini più grandi di età. Lo studio ha anche rilevato che alcuni aspetti associati allo sviluppo delle conoscenze consentito da questa abilità continuano a rifinirsi e perfezionarsi negli anni.

Ma consideriamo lo studio più in dettaglio. Nel comportamento intenzionale lo scopo finale di un’azione è cruciale nella determinazione dell’intera sequenza motoria di atti necessari al suo conseguimento. Nella scimmia sono stati descritti nel lobulo parietale inferiore dei neuroni che presiedono alla codifica di un tipo di atto motorio, quale afferrare, sollevare o spingere; tali neuroni ricevono una specifica modulazione della loro attività di scarica dallo scopo finale dell’azione intenzionale, ad esempio: afferrare un frutto per mangiarlo.

 Molte di queste cellule nervose della corteccia parietale vincolate al tipo di azione presentano delle proprietà specchio, ossia rispondono all’osservazione degli atti motori che loro codificano. Questo ci rende conto del fatto che la proprietà specchio è parte intrinseca della codifica di ciascuna azione; in altri termini, ciascuna azione è contraddistinta dal suo codice funzionale e dalla sua attivazione a specchio. Grazie a questo meccanismo, gli osservatori hanno una copia interna dell’intera sequenza o, diremmo, di tutto il comportamento diretto allo scopo, prima che venga eseguito, e vi possono attingere per comprendere le intenzioni dell’agente, ossia di coloro che stanno per compiere l’azione finalizzata.

Prima di questo studio, era stata dimostrata in bambini di età scolare la presenza di un’organizzazione concatenata di atti motori finalizzati a un tipo specifico di azione; Cinzia Di Dio, Giacomo Rizzolatti e colleghi hanno qui verificato l’esistenza per i piani intenzionali di attività di tale organizzazione concatenata nelle età più precoci, e specificamente già a 3 anni.

A questo scopo i ricercatori hanno registrato l’elettromiogramma (EMG) dal muscolo miloioideo (MH) in bambini volontari concessi allo studio dai genitori, e hanno messo a punto tutti gli altri presidi necessari all’osservazione neurofunzionale, ottenendo risultati che hanno dimostrato come in età così precoce sia già presente la concatenazione degli atti motori in esecuzione. Come si è già accennato, l’unica differenza significativa rispetto ai bambini più grandi consisteva nei tempi più lunghi necessari al cervello per utilizzare questo processo al fine di compiere l’inferenza interpretativa delle azioni compiute da altri; in altri termini, erano un po’ più lenti nel comprendere le intenzioni motorie altrui.

I ricercatori hanno poi rilevato una significativa associazione negativa tra l’età dei bambini e l’attivazione del muscolo MH durante la fase afferrare per mangiare nel contesto dell’osservazione sperimentale. Un reperto molto evidente, che ha richiesto un’ipotesi interpretativa: Rizzolatti e colleghi hanno interpretato questa associazione negativa come un “segno di immaturità del controllo degli atti motori”.

 

Gli autori della nota ringraziano la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invitano alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond & Giovanni Rossi

BM&L-21 settembre 2024

www.brainmindlife.org

 

 

 

________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 



[1] Ad esempio, seguiamo i neuroni di F5 che si attivano quando la scimmia vede uno che afferra un bicchiere: se mentre si compie il gesto mettiamo uno schermo che nasconde la mano, i neuroni corrispondenti alla mano che afferra si attivano lo stesso. Se prima dell’esperimento facciamo vedere alla scimmia che dietro lo schermo la mano non si muove, quando ripetiamo l’esperimento mettendo lo schermo, quei neuroni specchio non si accendono più. Questo vuol dire che l’attivazione dipende da una consapevolezza e che nel cervello si forma una rappresentazione dei gesti compiuti da altri in base alla realtà esperita.

[2] Già Rizzolatti e colleghi avevano rilevato che bastava alla scimmia sentire il rumore dello scrocchiare di un’arachide per attivare i neuroni di F5 della mano, che con le dita apre la nocciolina.